I sapori dell’infanzia

Sono nato a Roma nel 1971. I miei primi ricordi sono legati al cibo, perché mio padre Mario, che era un professionista dell’accoglienza e della ristorazione, mi portava spesso con sé. Lui stesso è sempre stato uno chef straordinario, un vero virtuoso dei fornelli: preparava per noi piatti deliziosi, come quelli delle nonne, con ingredienti semplici e genuini. La sua salsa di pomodoro e il suo ragù sono rimasti memorabili per me e i miei fratelli: nel suo stile c’è per me l’essenza della “cucina italiana”. Ma anche mia mamma, le mie zie e la nonna preparavano piatti spettacolari: eravamo, come famiglia, un misto tra Roma e Napoli, quindi anche la cucina era un mix tra la quella partenopea e quella romana. Erano una squisitezza i Bucatini all’Amatriciana, la Carbonara, le penne all’Arrabbiata o la Cacio e Pepe, per non dire del ragù o della pasta stesa col matterello, arrotolata e poi tagliata a mano col coltello. Una bontà che veniva fuori dall’eccellenza dei prodotti naturali e dalla sapienza culinaria della tradizione italiana che si tramandava in ogni famiglia.

E poi c’era il cibo di strada: dalla pizza al taglio, che compravi a peso, ai supplì al telefono, chiamati così per la mozzarella filante che si allungava come i cavi telefonici; noi abitavamo vicino a un locale in cui c’erano tutto queste squisitezze. Ogni sera, prima di arrivare a casa, ci passavamo davanti e puntualmente pregavo mia madre di fermarci a prendere qualcosa. Li ricordo come fosse adesso: dei sapori indimenticabili, come, ad esempio, una Marinara di prim’ordine, condita solo con una salsa di pomodoro e origano, oppure la pizza bianca, con patate e un filo di besciamella. 

Il trasferimento negli Stati Uniti

Quando avevo 4 anni, ci trasferimmo a Philadelphia perché mio padre aveva un progetto tutto suo, che voleva realizzare negli States. Sia da bambino che da adolescente, nel periodo scolastico stavamo negli USA, invece l’estate nel nostro Paese dove, a parte una visita al nonno, coi suoi vigneti nel Cilento, trascorrevamo le vacanze in luoghi diversi, avendo modo di scoprire un forte interesse per la diversità e la profondità della cultura e dell’enogastronomia Italiane.

Da quando avevo 6 anni, affiancavo allo studio il lavoro con mio padre. Nei fine settimana, se non c’erano troppi compiti da fare, lui mi portava con sé nel ristorante e io facevo di tutto: sparecchiare i tavoli, lavare i piatti, aiutare in cucina nella preparazione delle pietanze; a 13 anni servivo ai tavoli e, a 18, ho cominciato a gestire dei locali. Poi, probabilmente, ho cominciato a sentire che tutto questo mi stava un po’ stretto: forse è normale, quando si è giovani, pensare di dover cercare la propria strada in autonomia, al di fuori dei sentieri sicuri e già battuti.

Gli studi finanziari

Così mi sono focalizzato su una carriera nella gestione finanziaria. Mi sono laureato alla New York University, alternando periodi di studio alla Bocconi, per poi completare la mia formazione con un MBA alla Boston University di Roma e alla Drexel University. Iniziai a lavorare nella finanza internazionale nell’ambito bancario. Ero molto dotato e con i numeri ci sapevo fare, ma c’era un problema per me insormontabile: non mi sentivo ispirato. Ho compreso che la mia strada doveva portarmi altrove, in direzione di quello avevo sempre amato e praticato sin da quando ero bambino: mi sono reso conto che la mia vera passione è quella di diffondere la cultura Italiana attraverso l’enogastronomia. Ma quell’allontanamento temporaneo mi aveva fatto bene, inducendomi a ritornare sui miei passi con una motivazione e una consapevolezza diverse.

Il ritorno all’azienda di famiglia

All’età di 26 anni sono entrato a far parte dell’azienda di famiglia, come responsabile della crescita strategica e della gestione del gruppo di ristoranti, che ha aperto oltre 20 sedi in 5 stati (compresa la Corea del sud). Nel corso degli anni quest’attività ha creato oltre 10.000 posti di lavoro e offerto “esperienze culinarie” italiane a oltre 1.000.000 di ospiti. Nei primi anni 2000 abbiamo deciso di cedere i ristoranti del Gruppo e di passare a un target di avventori di livello medio-alto, con l’apertura di ristoranti toscani che sono diventati presto molto popolari. La sede di “Toscana 52” si è inaugurata a Philadelphia nel 2008: quello è stato il primo ristorante a offrire “i tour enogastronomici regionali” in diverse città italiane ogni settimana.

La vera cultura enogastronomica italiana

In questi anni ho avuto modo di tornare alla mia vera passione, ovvero l’Italia, con le sue tradizioni culturali ed enogastronomiche e la sua ricchezza inesauribile. Ho visitato il nostro Paese in lungo e in largo ogni pochi mesi per fare esperienza, apprendere nuove cose e per scrivere un libro.

Nel corso degli anni ho visitato, infatti, le principali città di tutte e venti le regioni italiane allo scopo di conoscere ed “esportarne” l’enogastronomia, dal momento che negli States la vera cultura enogastronomica del nostro Paese è stata sostituita da una sorta di cucina italo-americana, così come interpretata dalle multinazionali della ristorazione, i cui piatti lasciano molto a desiderare sia per il mancato utilizzo di prodotti di qualità sia per il tipo di esecuzione, che devia dalle ricette tradizionali inserendo nuovi ingredienti e modalità di preparazione. 

Il Gran Caffè L’Aquila

Nel 2012, mentre ero in tour in Abruzzo, raggiunsi l’Aquila devastata dal terremoto: toccato dalla difficile situazione della città, incontrai molti operatori che lamentavano il fatto di essere stati dimenticati. In quell’occasione ebbi il piacere di conoscere i proprietari del Gran Caffè L’Aquila, distrutto dal sisma, Stefano Biasini e Michele Morelli, entrambi riconosciuti come massimi esponenti di una torrefazione artigianale di altissimo livello; Biasini è anche Campione Italiano di gelato. Il Gran Caffè dell’Aquila nel 2006 era entrato nell’olimpo dei migliori locali italiani ricevendo il massimo dei voti dalla rivista Il Gambero Rosso; nel 2007 era stato premiato come miglior bar dell’anno dalla rivista “Bargiornale” e nel 2008 era diventato il caffè ufficiale del G8 dell’Aquila.

In occasione di quell’incontro nacque il destino di un progetto straordinario: al centro di questo progetto ci sono un autentico ristorante-bar italiano, il talento geniale del mio socio Biasini, un’immersione enogastronomica, a cadenza settimanale, nelle diverse città italiane, e una scuola, nella quale gli americani possono imparare la lingua italiana e conoscere la storia, la cultura, il cibo e il vino di oltre 50 diverse città, venendo educati a ciò che significa “essere italiani”.

Il Gran Caffé L’Aquila, dunque, si trova oggi anche negli States ed è diventato il punto di riferimento per un’autentica esperienza italiana nell’area di Philadelphia. Tutto quello che troviamo nei due piani che lo ospitano (sia l’arredamento che le attrezzature, ad esempio, anche i frigoriferi e il pastorizzatore per la produzione del gelato) è stato progettato e costruito in Italia da artigiani locali e spedito qui per l’installazione. I marmi vengono da Carrara, gli sgabelli di ferro sono stati battuti a mano in Umbria, le sedie realizzate da artigiani perugini, i vetri vengono da Murano; anche il progetto del locale è stato affidato a un architetto umbro. 

Ma il vero pezzo forte è il bancone, un vero bancone da bar italiano, molto raro da trovare in America e molto ricercato. Dopo 3 anni di progettazione e costruzione, il Gran Caffé L’Aquila, il locale italiano più autentico che ci sia in America, è stato inaugurato il 24 dicembre 2014. Il primo piano è un vero bar italiano, dove viene servito un espresso torrefatto a vista (vengono tostati quattro tipi di caffè, in rappresentanza delle regioni italiane da Nord a Sud); il secondo piano ospita, oltre al ristorante, anche l’enoteca, la scuola culturale e linguistica e i laboratori di caffè e gelati. 

I riconoscimenti

Nel 2017 ho ricevuto dal Business Council Italia-America il Premio Internazionale per lo Sviluppo Economico con la motivazione di aver portato la vera cultura italiana in America. Ho anche vinto, consecutivamente, 8 Premi di Eccellenza Wine Spectator e sono Brand Ambassador per il Prosciutto di Parma, mentre il Gran Caffé L’Aquila si è guadagnato il prestigioso premio “Best Of Philly” Italian Restaurant come miglior ristorante italiano della città di Philadelphia. L’1 maggio 2018 il Comune di Philadelphia mi ha insignito di una menzione speciale per il sostegno dato dal Gran Caffè L’Aquila alla partnership tra la Regione Abruzzo e la Città di Philadelphia.

Sono molto orgoglioso di questi riconoscimenti al mio lavoro: ho dedicato tutta la mia vita professionale per far comprendere agli americani cosa siano veramente il cibo e il vino italiani.
Ogni 3 mesi ritorno in Italia per continuare i percorsi enogastronomici e culturali… è un cammino infinito, un cammino per la vita.